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Il Museo conserva parte del letto di un antico fiume, datato a circa 200.000 anni fa. Durante la visita si possono osservare numerosi reperti geologici, paleontologici ed archeologici, che lasciano immaginare un paesaggio scomparso: antiche rocce modellate dall’acqua, grandi zanne di elefante, pietre scheggiate dall’uomo paleolitico. Il percorso di visita si avvale del supporto di suggestive ricostruzioni virtuali che “immergono” il visitatore nel mondo pleistocenico.
Il sito di Casal de’ Pazzi fu scoperto nel 1981 durante lavori di urbanizzazione a Rebibbia, quartiere oggi densamente popolato. Il ritrovamento di una grande zanna di elefante diede il via ad un’indagine archeologica che portò alla luce un tratto di un antico alveo fluviale. Nel giacimento vennero scoperti oltre 2000 reperti faunistici, appartenenti a specie impensabili oggi nella campagna romana come l’elefante antico, l’uro, l’ippopotamo, il rinoceronte. La presenza umana è testimoniata da un frammento di cranio e da oltre 1500 manufatti in selce. Il giacimento, datato a circa 200.000 anni fa, è eccezionalmente ben conservato e costituisce l’ultima testimonianza di una straordinaria serie di depositi pleistocenici che costellavano la bassa valle dell'Aniene, distrutti dall'avanzare della città. Una porzione dell’area di scavo è stata preservata e, dall’alto di una passerella, sono visibili grandi massi arrotondati e resti fossili: zanne lunghe fino a 4 metri, denti, vertebre.
L’itinerario di visita prevede la vista del giacimento dall’alto di una passerella. L’illuminazione naturale evidenzia grandi massi rosati e resti fossili: zanne lunghe fino a 4 metri, denti, vertebre. E’ il paesaggio “archeologico”, ciò che resta dopo lo scavo.
Poi, un impianto di oscuramento “sgancia” il visitatore dalla lettura oggettiva dei resti. Una voce fuori campo e luci correlate danno semplici risposte alle domande suscitate da questo paesaggio fossile, inaspettato nella fitta trama urbana che lo circonda, racchiuso da mura.
Da questo momento il visitatore viene portato ad immaginare ciò che non c’è più.
Con il sussidio di tecnologie informatiche (le realizzazioni virtuali sono state elaborate dal Laboratorio di Archeologia virtuale dell’ITABC –CNR) l’alveo si riempie di acque “virtuali” facendo comprendere, quasi fisicamente, di essere dentro il fiume. Il piano è ora quello della suggestione. Sulla grande parete collocata di fronte alla passerella appare una ricostruzione del paesaggio pleistocenico: è un breve filmato, che contiene sia sequenze in animazione che frammenti di riprese attuali. Compaiono il fiume, le piante, gli animali, tra cui l’elemento forte è la ricostruzione 3D dell’elefante antico. Di sottofondo la voce di un uomo che, duecentomila anni fa, viveva in quei luoghi e racconta il suo mondo. Il video “sfonda” la parete alternando la visione del passato (la Roma del Pleistocene con la ricostruzione dei paesaggi e dell’elefante antico) con le immagini del presente (sequenze di animali ancor oggi esistenti, pur se in habitat diversi da quelli della Roma attuale).
Dopo questa full immersion, sono previsti vari livelli di approfondimento. In uno spazio esterno coperto, alcuni pannelli “raccontano” l’evoluzione dei paesaggi e della vita nella campagna romana, a partire da quando a Roma c’era il mare (circa 3 milioni di anni fa) fino a giungere all’attualità.
Nella sala espositiva, che si affaccia con due grandi vetrate sul giacimento, sono presentati alcuni dei reperti rinvenuti.
L’itinerario parte dalle tematiche ambientali per concludersi con le attività dell’uomo. Le vetrine sono corredate da disegni ricostruttivi. In questo spazio vi è anche un touch screen, dove è possibile confrontarsi con i temi offerti dall’esposizione in maniera ludica o interattiva. In questa “Pleistostation” è possibile utilizzare questionari, videogiochi, ipertesti e filmati.
L’area esterna al Museo ripropone una ricostruzione dell'insieme floristico che poteva caratterizzare le sponde dell’Aniene circa 200.000 anni fa, da rivivere percorrendo un sentiero azzurro che richiama un percorso fluviale. Vi sono tre aree di sosta, dedicate alla realizzazione di laboratori didattici, dove si potranno anche tenere eventi di vario tipo, utili a promuovere il Museo ed a creare stretti legami con i cittadini ed il territorio.